Oggi è la Giornata Mondiale del Teatro, trovo che sia una splendida occasione per fare il punto sulla situazione del teatro dopo un anno di pandemia (i teatri sono chiusi da mesi). Come è cambiato il teatro e come cambierà nei prossimi mesi? Ho chiesto aiuto a una professionista del settore, una super esperta della materia, la Direttrice Generale della Fondazione Pergolesi Spontini, Lucia Chiatti.
La biografia è lunga e tenterò di riassumerla in poche righe.
Dopo aver studiato per anni il pianoforte, suo primo amore, Lucia Chiatti si è diplomata in canto lirico al Conservatorio Rossini di Pesaro. Ha conseguito la laurea in Economia e Commercio presso l’Università di Ancona approfondendo poi i temi della gestione delle aziende culturali, del management e delle professionalità dello spettacolo dal vivo presso l’Università L. Bocconi di Milano. Ha lavorato per l’Associazione Arena Sferisterio e come docente-assistente presso la Facoltà di Scienze delle Comunicazioni dell’Università di Macerata. Dal 2020 ricopre il ruolo di Direttore Generale Esecutivo nella Fondazione Pergolesi Spontini. Rappresenta la Fondazione nell’Assemblea dei soci dell’A.T.I.T. Associazione Italiana Teatri di Tradizione, nell’Assemblea del Consorzio Marche Spettacolo e in Opera Europa (organizzazione con duecento membri provenienti da 43 paesi).
F. Benvenuta Lucia a questo aperitivo virtuale settimanale! Le domande che vorrei porle sono molte quindi, senza indugio, parto con la prima. La musica, il canto, la prosa, la danza … sulle assi del palcoscenico si compie ogni sera una piccola magia, è l’incanto del teatro che ci regala benessere e bellezza, perché ci manca tanto in questo momento? Perché non ne possiamo fare a meno?
Lucia Chiatti: Credo che ogni forma d’arte sia ‘evasione’: quando l’evento ‘funziona’ ci dimentichiamo delle mascherine, del distanziamento, dei nostri problemi perché ci immergiamo in un’altra realtà: abbandoniamo il nostro punto di vista per abbracciare quello della proposta artistica che ci viene fatta. Questa esperienza – che è appunto l’esperienza artistica – può quindi darci l’opportunità di tornare successivamente a guardare la stessa realtà di prima e ai nostri problemi (che nel frattempo non si sono risolti da soli, e che ci ‘aspettano’ al varco) con occhi diversi, in una luce diversa, perché arricchiti da una prospettiva che non riusciamo a percepire quando siamo ripiegati su noi stessi a guardare il nostro ombelico… Ecco, credo che ogni forma d’arte regali questa opportunità e siccome siamo donne e uomini, abbiamo bisogno di nutrire così la nostra anima così come è necessario nutrire il nostro corpo… L’esperienza artistica è una buona ‘evasione’, ci permette di uscire da noi stessi per conoscere, per crescere e per ritrovarci!!! Ci fa stare ancora di più con i piedi per terra, per questo piace anche ad una persona così concreta e a volte ‘schematica’ come me, è davvero un buon allenamento!!! Azzeccati dunque i termini ‘benessere’ oltre che ‘bellezza’!
F. Nell’ultimo anno il mondo ha subito una “rivoluzione” a causa della crisi sanitaria (ancora in atto). Com’ è cambiato e come cambierà il rapporto con il pubblico dopo la pandemia?
L. C. Mi vengono in mente due aspetti. Da un lato il pubblico manifesterà il suo smodato bisogno di contatto fisico, di fruizione dello spettacolo dal vivo, di vicinanza, di socialità, abolendo e aborrendo ogni schermo video che ha fagocitato e soffocato i nostri rapporti ‘dal vivo’. Dall’altro ci sarà molta cautela, prudenza, paura da parte di alcune categorie, soprattutto nelle persone in età più avanzata… Parlando di teatro (che sia di prosa o d’opera, concertistica e danza) guardo ai social media come ad uno strumento aggiuntivo, da affiancare al canale ordinario dello spettacolo in presenza, per portare il prodotto artistico a quelle categorie sociali più restie ad entrare in un teatro. Penso anche che siano un valido strumento per avvicinare i giovani e veicolare quei messaggi collaterali alla rappresentazione artistica: mi riferisco a docufilm collegati ai temi degli spettacoli, ad interviste alle maestranze artistiche e tecniche coinvolte nell’evento, ad ogni iniziativa utile per far scoprire spazi meno conosciuti del teatro o far vedere il ‘dietro le quinte’ della realizzazione di un allestimento coinvolgendo magari i giovani che frequentano gli Istituti d’arte o le Accademie di Belle Arti o facoltà come il DAMS…, e penso anche a programmi di taglio più ‘frizzante’ che coinvolgono attori e/o sceneggiatori televisivi come nel caso di un nostro nuovo prodotto audiovisivo che si chiama “3 voci di dentro”.
F. Quali sono i progetti futuri?
L. C. Il primo è proprio quello che ho appena detto, un nuovo prodotto tra lirica e cinema, dal titolo “3 voci di dentro”, che sarà presto in onda su una importante emittente nazionale. È una fiction divertente e surreale in cinque episodi, filmata nei mesi scorsi al Teatro Pergolesi di Jesi e che ci permette di raccontare i luoghi, anche quelli più nascosti, oltre che i molti riti e mestieri del teatro e dell’opera lirica. Il progetto è nato da un’idea di Cristian Carrara, direttore artistico della Fondazione, con la sceneggiatura di Stefano Valanzuolo, per una produzione Fondazione Pergolesi Spontini in collaborazione con SubwayLab. Ne sono protagonisti l’attore romano Giovanni Scifoni, volto noto della tv e del teatro, artista dai mille talenti che sui social intrattiene i suoi fan con video irresistibili, e due cantanti lirici, il soprano Lucia Conte e il baritono Giacomo Medici. Con loro, anche, il maestro accompagnatore Carlo Morganti, e dietro le quinte (ma non solo dietro le quinte) sono le preziose maestranze tecniche del teatro di Jesi. Nella produzione lirica e musicale, stiamo progettando le prossime edizioni del Festival Pergolesi Spontini e della Stagione Lirica di Tradizione del “Pergolesi, con una programmazione pensata per essere compatibile con le misure anti-covid. Nel Festival l’azione artistica sarà ispirata a due importanti obiettivi: da un lato l’omaggio a Pergolesi e Spontini, e dall’altro un cartellone multidisciplinare, che coinvolge linguaggi musicali diversi, con l’obiettivo di appassionare pubblici diversi. Sulla Stagione Lirica, partiamo dal concetto di Tradizione che per noi è soprattutto radicamento della tradizione di teatro musicale in questa città, quindi dialogo costante con il nostro pubblico per mantenere sempre accesa la curiosità e l’amore verso la musica: dunque, spazio al grande repertorio che il pubblico ama, ma senza dimenticare anche i titoli meno conosciuti, in un viaggio attraverso il tempo ed i generi, tra riscoperte musicali e nuove commissioni. Perché il teatro e la musica sono vivi e dialogano con il pubblico, non sono prodotti da custodire in una scatola. C’è poi il progetto, che speriamo di poter realizzare a breve, di ottimizzazione acustica al Teatro “Valeria Moriconi” di Jesi. Parliamo di un bellissimo spazio teatrale ricavato dentro la settecentesca Chiesa di San Floriano a pianta centrale ellittica. Da tempo il teatro è chiuso per interventi di manutenzione straordinaria per l’adeguamento alla normativa vigente in materia di prevenzione antincendio, e a corredo del progetto di restauro è emersa l’esigenza di correggere la riflessione delle onde sonore durante gli spettacoli, adattando l’acustica ai vari tipi di eventi ospitati. Siamo al lavoro, grazie ad un contributo della Regione Marche, anche sul riordino ed inventariazione dell’Archivio di Valeria Moriconi donato dai suoi eredi al Comune di Jesi, conservato dal 2006 nel Centro studi e attività teatrali intitolato alla grande attrice jesina, e affidato alla gestione alla Fondazione Pergolesi Spontini. Ultimo ma non ultimo…. Si avvicinano le celebrazioni del 2024 per il 250anniversario della nascita di Gaspare Spontini, uno dei due autori cui la Fondazione è intitolata. Cercheremo di festeggiarlo al meglio, insieme anche al Comune di Maiolati Spontini, nostro socio fondatore insieme a quello di Jesi. Per questo, abbiamo costituito di recente un nuovo Comitato Operativo Spontiniano dedicato alla valorizzazione dell’opera del grande compositore. Obiettivo del nuovo organismo sarà non solo quello di revisionare i lavori ancora inediti del Compositore (alcuni dei quali ritrovati recentemente in Belgio), con un approccio scientifico e filologico alle partiture, ma anche promuovere la sua opera in un pubblico sempre più vasto ed eterogeneo, attraverso linguaggi artistici multidisciplinari, iniziative indirizzate ai giovani, connessioni alla musica d’oggi. Dunque, un approccio di grande rigore ma al tempo stesso non ‘cattedratico’, aperto al dialogo con il territorio.
… il teatro e la musica sono vivi e dialogano con il pubblico, non sono prodotti da custodire in una scatola …
F. Lucia, grazie alla sua formazione e alle esperienze lavorative maturate nel corso degli anni è riuscita a coniugare brillantemente due passioni, il teatro e l’economia. Il teatro costituisce un volano importante per l’economia locale? Pensa sia possibile per il futuro instaurare nuove sinergie con altri soggetti economici del territorio per far sì che lo diventi ancora maggiormente?
L. C. Bella domanda! E la risposta è a mio avviso un’altra domanda: siamo consapevoli del valore che porta un teatro nel contesto economico, sociale e territoriale? Credo che abbiamo molto ancora da scoprire. Proprio in questo periodo abbiamo avuto modo di approfondire la tematica della ‘valutazione di impatto’: un approccio attuale e nuovo, emerso con l’avvento del Terzo Settore. Solo quando innanzitutto noi che lavoriamo in prima linea in teatro, ed a volte diamo per scontato lo sviluppo di alcuni processi, prendiamo coscienza della portata che può avere una offerta culturale nei confronti di tutti gli stakeholder ed assetholder coinvolti con l’istituzione a diverso titolo, soltanto allora potremo connotarci in un territorio ed individuare quale ruolo possiamo occupare rispetto allo specifico contesto di riferimento. Ogni realtà ha una sua storia, fatta da uomini che hanno costruito nel tempo tradizioni e sensibilità, generando comportamenti, anche culturali. Il percorso di crescita può iniziare quando, dopo un esame interno all’istituzione, si identifica quella che viene definita la ‘dimensione di valore’: ovvero quel complesso di qualità positive che definiscono l’identità di un’organizzazione e che permettono di produrre un cambiamento positivo nel contesto di riferimento. Si genera quindi una ‘catena di valore’ il cui ‘effetto ‘moltiplicatore’ su più livelli (da quelli più prossimo dei beneficiari fino a quello politico-istituzionale) favorirà il turismo, l’economia ed il fiorire di nuove sinergie! Allora, e solo allora l’obiettivo sarà completamente raggiunto! È finito il tempo di rapportarci con gli imprenditori locali in modo automatico e autoreferenziale pensando che ci sostengono perché riconoscono d’emblée il valore che portiamo; dietro un’azienda ci sono uomini, quindi non possiamo barare applicando degli schemi asettici o sterili!
… siamo consapevoli del valore che porta un teatro nel contesto economico, sociale e territoriale ? Abbiamo molto ancora da scoprire …
F. Essere al servizio della comunità, cosa significa nel suo ruolo specifico di Direttrice Generale della Fondazione Pergolesi Spontini?
L. C. Chi arriva a Jesi rimane colpito dalla maestosità e dalla centralità del Teatro Pergolesi rispetto all’intera città. È un riferimento visivo imponente, ogni turista non può fare a meno di fotografarsi davanti la sua grande facciata e di chiedere una visita al suo interno. E i cittadini circondano di amore infinito questo luogo, non solo quelli che ne varcano la soglia per vedere gli spettacoli. È un luogo di socialità e di incontro, uno scrigno di bellezza artistica ed architettonica che dal 1798, l’anno della nascita, diffonde cultura e musica in maniera ininterrotta. Chi lavora qui, me compresa, non può fare a meno di sentirsi parte di questa comunità e di ricambiarne l’amore, con una proposta artistica che sia stimolante e coinvolgente, per il pubblico e anche per le maestranze artistiche e tecniche che in tanti casi sono crescite all’ombra del ‘Pergolesi’. Cerchiamo, con il nostro lavoro, di lavorare il più possibile con i giovani, le scuole, le associazioni, le istituzioni del territorio, e di portare arte e musica a chiunque, anche attraverso una miriade di progetti dalla forte valenza sociale. Credo che essere al servizio della comunità sia anche offrire punti di vista diversi e alternativi, uscire dalle abitudini mentali per poter affrontare meglio le sfide attuali. La creatività ci aiuta ad abbandonare la nostra ‘comfort zone’ per accogliere ed abbracciare nuove sfide, anche quelle derivanti da congiunture o frangenti, come quello attuale, che mai avremmo immaginato o avremmo desiderato vivere per noi e per l’intera comunità.
… il Teatro Pergolesi è un luogo di socialità e di incontro, uno scrigno di bellezza artistica ed architettonica che dal 1798, l’anno della nascita, diffonde cultura e musica in maniera ininterrotta …
F. E adesso, due curiosità, quale è la sua opera preferita? E, già che siamo in tema, l’aperitivo preferito?
L. C. L’opera preferita, anzi, il compositore preferito è Giacomo Puccini…sui titoli d’opera faccio fatica a scegliere…metterei a parimerito Bohème e Madama Butterfly.
Il mio aperitivo preferito è lo spritz a pari merito con la Pina Colada, ma entrambi sono abbastanza forti, per cui spesso, soprattutto se devo lavorare… ripiego su un semplice crodino!
F. I giovani e l’opera. Che cosa sta facendo la Fondazione per attrarre sempre più questo segmento di pubblico e avvicinarlo a questa forma d’arte?
L. C. C’è uno spazio formidabile di dialogo con i giovani che stiamo sperimentando in particolare in questi ultimi anni, ed è il Festival Pergolesi Spontini. Un festival, come ho accennato prima, con una storia importante sul fronte della valorizzazione dei due autori, ma che è anche sempre più multidisciplinare e ricco di spunti non solo musicali, un luogo aperto alle sperimentazioni, con proposte pensate per intrattenere pubblici di varie età e ‘gusti’. Diverse le proposte di spettacolo (musica, teatro, danza, eventi di varia natura…) per poter dialogare con tutti, anche con chi a teatro non è mai andato. È un festival curioso e che sa incuriosire, e il pubblico, anche dei giovani e delle famiglie, sta rispondendo molto bene. La prossima edizione, poi, ha un tema speciale: “Tutti per uno”, che poi è il tema della condivisione, della solidarietà, dell’abbraccio, della vicinanza, della comunità. Un tema formidabile per raccontare il ruolo dell’arte e della cultura nella ricostruzione di un tessuto sociale profondamente provato dalla pandemia. E non mancherà, anche nella prossima edizione, l’accoglienza di uno spettacolo di ‘social opera’, opera sociale, realizzato con un gruppo di disabili della nostra città al termine di un percorso laboratoriale tra teatro, danza e musica che la Fondazione Pergolesi Spontini costruisce da 10 anni con gli enti socio-sanitari del territorio, per creare benessere ed inclusione attraverso il teatro.
… essere al servizio della comunità è offrire punti di vista diversi e alternativi, uscire dalle abitudini mentali per poter affrontare meglio le sfide attuali...
F. Con l’estate ripartirà anche la stagione turistica, il teatro Pergolesi di Jesi (risalente al XVIII° secolo con struttura interna a forma ellittica, tre ordini di palchi e il loggione) è uno dei teatri storici più belli delle Marche, tappa imprescindibile per il visitatore che desidera conoscere la bellissima Jesi. Quali sono le iniziative che proporrete nella prossima stagione turistica?
L. C. Il Festival 2021 aprirà un po’ prima del solito, non solo settembre ma anche parte del mese di agosto, con qualche appuntamento all’aperto, volto anche a riscoprire e valorizzare la città di Jesi, a partire dal Centro Storico, che quest’anno è in pieno restyling e che ci auguriamo possa accogliere una stagione di rinascita e di ripartenza. C’è poi tutto il capitolo delle visite turistiche al Teatro. Compatibilmente con le normative anti-covid, questo è un luogo da sempre aperto alle visite, in rete con gli altri musei e centri culturali della città, pubblici e privati.
F. Mi piacerebbe se regalasse ai lettori del blog un tip, un consiglio personale che ci aiuti in questo periodo delicato e complesso che stiamo attraversando.
L. C. Offro due spunti. Inizio con la mia grande passione: l’operetta! In questi giorni, con la Compagnia Gabrielli Campagnoli di Cingoli stiamo preparando, anche se a distanza, l’operetta “Al cavallino bianco” e mi ha particolarmente colpito il duetto ‘Mi pare un sogno un illusion’, che conosco da tempo, in quanto uno dei più famosi, ma che ora mi sembra davvero tanto impossibile da cantare quanto desiderabile (sentirti a me vicino, tenerti stretto a me)….inoltre il passaggio che ho evidenziato mi sembra ‘super’ perché descrive quello che dicevo sopra: l’esperienza artistica. La parola diventa musica nell’amore e sorride al destino… meraviglioso!!! ?
Mi pare un sogno, un’illusion
Sentirti a me vicin
La tua parola è la canzon
Che sorride al mio destin
Un sogno fulgido mi par
Tenerti stretto a me
E dirti che
T’amerò
Soffrirò
Morirò
Per te
Altro spunto. Resto sul tema dell’abbraccio e… nell’attesa di poter tornare ad abbracciarci fisicamente, e magari anche cantandoci sopra, sto leggendo un libro che ho regalato a diversi miei amici, perché, anche se non l’ho ancora terminato (ma sono a buon punto), sin dalle prime pagine hai la percezione che non puoi perderlo né farlo perdere alle persone a te care: “L’ABBRACCIO. Verso una cultura dell’incontro” di Mikel Azurmendi. È il racconto di incontri impensati ed impensabili, non programmabili, ma che si svelano al narratore come la scoperta di un tesoro! Auguro a me ed a tutti i lettori di poter essere pronti a riprendere l’abitudine ai gesti fisici di vicinanza, ma fatti innazitutto con il cuore!
Ed è anche il mio augurio! Mille grazie ancora a Lucia Chiatti per le informazioni e gli splendidi spunti di riflessione che ci ha donato.
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