Oggi sono molto felice di presentarvi una scrittrice di libri gialli e per ragazzi (anche giornalista professionista) Sara Magnoli che vive in provincia di Varese con la famiglia e un gatto coccolone, Chewbecca. I suoi romanzi hanno ottenuto vari riconoscimenti e menzioni (tra cui Garfagnana in giallo 2015 sez. e-book e Milano International 2017).
F. Sara, sono curiosa, come ti sei avvicinata alla scrittura?
S. Ciao Francesca e grazie per ospitarmi a casa tua. Io ho iniziato a leggere e a scrivere molto presto, mia mamma mi racconta che avevo circa tre anni, dunque immagino fosse una cosa che mi elettrizzava già da piccola. Ti posso dire che scrivere mi rende felice, che scrivendo a volte mi sembra di poter dare voce anche a chi non ce l’ha, di poter raccontare fatti, come giornalista, o storie che chiedono di essere narrate, come autrice. Scrivere mi aiuta a riflettere sul significato forte e intenso delle parole, a rispettare le parole e le espressioni. E tante volte anche a fare pace con me stessa. Mi sono avvicinata forse per una sorta di sfida proprio con me stessa: sono una grandissima lettrice, prediligo i gialli e i noir e la cronaca con sfondo sociale, ma amo comunque approcciarmi a ogni genere di lettura. E forse è stato questo a farmi tentare la scrittura: il chiedermi se anch’io, scrivendo, avrei potuto appassionare qualche lettore come tanti scrittori appassionano me.
F. Dark web Pelledoca Editore, la tua opera precedente, ha avuto un’ottima risposta di pubblico e ha sollevato dibattiti sull’uso consapevole del web da parte dei giovanissimi. Cosa ha colpito secondo te?
S. Credo che sia la grande attualità dell’argomento, e di un argomento di cui conosciamo ancora molto poco o solo alcuni aspetti, e il fatto che, seppur nato come romanzo per un pubblico di adolescenti, si sia rivelata una lettura “trasversale”, apprezzata dai giovanissimi perché parla di loro, si immedesima in loro, si mette faccia a faccia con le loro emozioni, i loro sogni e le paure, ma anche dagli adulti perché apre a un mondo che ci sembra lontano, mentre è qui addosso, e ci invita un po’ a tornare noi adolescenti, a ripensare a come eravamo noi all’età dei nostri figli, e a guardarli come avremmo voluto essere guardati noi allo loro età.
F. Parliamo del tuo ultimo libro, Se è così che si muore Bacchilega Editore, un giallo ambientato nelle Marche. La protagonista è la giornalista Lorenza Maj che abbiamo già incontrato in precedenza. Quanto c’è di te in Lorenza? E da marchigiana vorrei sapere qual è il tuo rapporto con le Marche?
S. “Se è così che si muore“ è il capitolo finale di una trilogia di giallo/noir che ha tutti i titoli che iniziano con “Se” e alcuni personaggi in comune, nonostante le indagini siano ogni volta concluse. Lorenza Maj è uno dei personaggi “seriali”, una giornalista che indaga sui fatti criminosi che incontra. Ho scelto una giornalista perché è un lavoro che conosco, è il mio, so come lavora un giornalista e dunque in che senso può “indagare” su qualcosa. Credo sia una delle pochissime cose che abbiamo in comune, oltre all’amore per i gatti, il mare e Renato Zero! Ecco, di me in Lorenza ci sono queste passioni oltre alla passione per il mio lavoro.
Già nel secondo “Se”, “Se il freddo fa rumore”, c’era un cameo dedicato a San Benedetto del Tronto, dove vive la sorella del vicequestore della serie, Luciano Mauri. San Benedetto del Tronto è il luogo dove da anni trascorro le vacanze, ma non solo: qui ormai ho veri e propri amici che mi mancano moltissimo quando non possiamo vederci. A San Benedetto sono legata da ricordi personali ed emozioni forti, momenti teneri e bellissimi trascorsi con la mia famiglia. E le Marche con il loro paesaggio, dal mare all’entroterra, mi hanno stregata, ammaliata, rapita. Aver ambientato il nuovo romanzo a San Benedetto del Tronto vuole essere il mio atto d’amore per questa città, ma anche per il territorio marchigiano. La storia è naturalmente frutto di fantasia, ma alcune descrizioni dei luoghi sono esattamente ciò che vedi e respiri e vivi a San Benedetto. Con una puntatina anche a Porto Sant’Elpidio. La cosa più bella è stato il commento di molte persone che hanno letto “Se è così che si muore” e che mi hanno detto che appena possibile andranno a visitare le Marche, perché se ne sono innamorate solo a leggere come le ho descritte.
F. La vittima è una modella e in questo blog parlo di stile, qual è il tuo rapporto con i vestiti? La mattina li scegli senza prestare attenzione o con cura?
S. Urca, che domanda difficile! Io mi impegno, davvero, mi impegno proprio tanto a scegliere con cura gli abiti da indossare ogni giorno, ma credo di essere un po’ negata. Innanzitutto è difficile trovare nel mio guardaroba qualcosa di colorato: il colore nero smagrisce e dunque… Diciamo che indosso i vestiti che in quel momento mi fanno sentire bene, con una predilezione per le minigonne o comunque gli abiti sopra il ginocchio, ma anche per i maglioni extralarge magari sottratti a mio marito che poi li cerca senza accorgersi che li ho addosso io. Da qualche tempo ho avuto la fortuna di conoscere Teresa, una “Vispa Teresa”!, che è sarta e modista, e che riesce ad azzeccare sempre i miei gusti anche prima che gliene parli io e ogni tanto mi fa qualche sorpresa.
F. Adesso una nota curiosa, la tua nonna paterna possedeva un cinema dove hai trascorso del tempo, respirando l’atmosfera di questo luogo particolare. Ti ha influenzata in qualche modo?
S. Credo proprio di sì. Ho respirato parole e recitazione fin da piccola e adesso nel cinema che mia nonna Agostina chiese negli Anni Trenta a mio nonno Mario come dono di nozze ci vivo io. Mio padre l’ha ristrutturato, dopo che era rimasto vuoto per anni, in quanto negli Anni Sessanta mia nonna, che purtroppo è rimasta vedova giovanissima, con mio papà ne ha realizzato accanto uno più moderno e più grande, anche questo purtroppo ormai chiuso. Ma ricordo che, da cinema e anche teatro quale era, uno degli ultimi spettacoli che ha ospitato, io ero una ragazzina, è stato con l’immensa interpretazione, nei Vangeli Apocrifi, di Valeria Moriconi che mi ha conquistata. Guarda caso, una marchigiana… L’essere nata e cresciuta in un luogo di cultura e arte ha sicuramente avuto una profonda influenza su di me, sulle mie passioni, le mie curiosità. Anche il cinema e il teatro raccontano storie, come fa la scrittura, come fa il giornalismo, anche se in modi e con strumenti diversi. E ti confido anche un rimpianto che mi è rimasto dentro e che a volte mi fa venire voglia di provarci adesso: non aver almeno tentato di frequentare il Dams, quando è stato il momento dell’università. Aver creduto di essere convinta di altre scelte che ho fatto e che sicuramente mi piacevano e mi sono servite. Ma il Dams resta un cruccio, una nostalgia.
F. Mi piacerebbe se regalassi ai lettori del blog un tip, un consiglio personale.
S. Guarda, giusto per dimostrarti che recitare è appunto uno dei miei grandi sogni, prendo a prestito per iniziare a darti questa risposta una frase memorabile che concludeva i divertentissimi sketch di Marina Massironi e Corrado Guzzanti a L’ottavo nano, quando impersonavano i “telepredicatori” Snack e Gnola. Solo che io ti cambio il finale. Allora… “se sei solo, disperato, se vuoi la salvezza, ricorda”: dai un calcio alla dieta e mangiati una bella fetta di pastiera. E magari anche un cremino fritto ascolano. Con un bicchiere di lambrusco. Capisci perché ho solo abiti di colore nero che dovrebbero smagrire?
Grazie Sara. Non mi resta che augurarvi buon appetito e … buona lettura!
Beatrix Pezzati
Bellissima intervista! Complimenti alla scrittrice. Il suo libro è già inserito nella lista “da leggere assolutamente”!
FRANCESCA
Grazie Beatrix!